ASSOCIAZIONE ARCHEOLOGICA VOLONTARIATO MEDIOVALDARNO |
Comune di Empoli
Soprintendenza Archeologica per la Toscana j j j jj j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j j
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EMPOLI E IL
TERRITORIO CIRCOSTANTE
A cura di Leonardo Terreni La presente
relazione intende portare solo un modesto contributo allo studio della storia
medievale del territorio di Empoli, senza pretendere di rappresentarne
un’analisi completa e approfondita. Mi limiterò perciò a esporre alcuni dati
inediti di cui sono in possesso e una selezione di notizie “ufficiali”che
cercherò di portare all’attenzione di chi legge. Uno dei punti di riferimento su
cui si baserà la relazione, sarà valutare il complesso problema
dell’urbanizzazione di Empoli, che per gli storici (anche di un recente
passato), è sorta ex novo nel 1119 come
molti altri centri dell’agro fiorentino e pisano. Non tratterò, invece,
l’origine dell’attuale nome Empoli, che rappresenta un problema complesso e
ancora aperto anche se in via di risoluzione. La scarsa presenza di fonti storiche dirette inerenti l’argomento, peraltro comune a molte altre zone, rende oltremodo difficile una chiara lettura di ciò che può essere accaduto dalla più remota antichità alla prima metà del medioevo. Allo stato attuale delle ricerche infatti, nessun documento scritto di epoca romana parla di Empoli e dei suoi dintorni, come se non fosse mai esistita. Per il cosiddetto alto o primo medioevo la situazione non cambia di molto e quel poco che c’è va studiato con molta circospezione; eppure la nostra zona è stata parte attiva nella formazione storica della Toscana! La soluzione di questi problemi può essere data solo con lo studio delle notizie indirette, ovverosia tramite una ricerca archeologica seria, così che lo storico possa colmare le lacune presenti nelle documentazioni scritte. Il medioevo, termine per alcuni versi astratto e carico di molti significati, è un periodo storico o, per meglio dire, un’età figlia delle molteplici trasformazioni dei periodi precedenti, che si vanno a miscelare con situazioni nuove o rinnovate, che avranno nel corso degli anni un risultato inedito, matrice della futura storia moderna di cui facciamo parte.Al fine di capire tutti questi processi di trasformazione, soprattutto a livello locale,dobbiamo essere in grado di dare alcune risposte alle varie domande che noi uomini moderni cominciamo finalmente a porci sulla riscoperta delle nostre radici (le piante senza radici seccano!): chi abitava e da quanto la zona prima di noi e perché questo territorio invece di un’altro? Le genti di Empoli di cosa vivevano? Erano in grado di farlo e perché commerciavano?Quando è diventato centro urbano? Hanno mai abbandonato la zona? Penso, allora, che sia logico, per risolvere i vari problemi posti da queste domande, cercare di analizzare anche gli eventi precedenti al medioevo. E’ per questo che descriverò nel corso della relazione anche ricerche e scoperte archeologiche riferite a fasi storiche che a prima vista sembrerebbero estranee al periodo che vogliamo trattare, scusandomi fin d’ora del rischio di risultare prolisso e noioso. Trarrò spunto, tra gli altri, anche da uno scavo in via di completamento nel
centro storico di Empoli che il sottoscritto, in qualità di responsabile di
cantiere,sta eseguendo con l’appoggio dell’Associazione Archeologica
Volontariato Medio Valdarno e sotto la direzione scientifica della dott.ssa Anna
Rastrelli della Soprintendenza Archeologica per la Toscana. EMPOLI E DINTORNI: LA POSIZIONE
GEOGRAFICA Per riprendere subito le domande che ci siamo posti al punto precedente (chi, da quanto e perché era abitato questo territorio? Di cosa vivevano? Ecc.), e’ opportuno inquadrare la nostra zona anche da un punto di vista prettamente geografico. Ben quattro tra fiumi e torrenti, tutti
più o meno navigabili nell’antichità, attraversano o lambiscono il territorio: l’Arno, trasversalmente da
est ad ovest, e tre suoi affluenti
di sinistra: Pesa, Orme ed Elsa,
rispettivamente da est a ovest, con andamento sud - nord. Questa ottimale disposizione
del reticolo fluviale e delle dolci colline prospicienti le rispettive vallate, hanno permesso,
sin dalla più remota antichità, lo sviluppo di una complessa viabilità,
trasformando tutta l’area in un nodo strategico di traffici mercantili, anche
internazionali, matrice di svariati avvenimenti storici non solo locali.
Empoli,in particolare, situato in posizione equidistante dai grandi centri
abitati della regione, è felicemente adagiato sulla riva sinistra del fiume
Arno, in una piana sufficientemente aperta ai venti (condizione primaria per la
salubrità di un luogo urbanizzato), con scarsa presenza di nebbie e con le rive
del fiume a contatto con numerose aree adatte a mandare le piene dell’Arno in
golena, limitando il pericolo di alluvioni disastrose. In più, l’abbondanza di
giacimenti argillosi di eccellente qualità, la vicinanza di grandi zone
boschive con essenze come il
leccio, con alto potere calorico indispensabile per le fornaci, una bassissima
salinità della terra,peraltro ben drenabile e molto ricca di sali minerali,
soprattutto di potassio (che favorisce la maturazione dei frutti come l’uva)
hanno completato il quadro positivo della zona. Tutto ciò a conferma che la formazione e
la continuità storica di una
città “figlie”, oltre che
dell’ingegno delle sue genti, anche della posizione geografica in cui essa
stessa si trova. RICERCHE PRELIMINARI: LE FONTI STORICHE
Come tutti sappiamo è basilare per lo
studio della storia la consultazione delle varie fonti. E’ impensabile
progettare una qualsiasi indagine archeologica seria senza prima aver letto o,
meglio, analizzato anche la più,
all’apparenza, insignificante fonte storica locale.Va comunque ricordato che i
risultati di una ricerca archeologica scientifica diventano anch’essi fonti
storiche attendibili perché l’archeologo e lo storico studiano la stessa cosa,
pur con metodi diversi. Come già
accennato, sono poche le fonti su Empoli e in parte ancora da approfondire.Molto
utili potrebbero essere gli “incroci” fra i dati conosciuti dai vari archivi
empolesi con quelli presenti sicuramente negli archivi storici di alcuni comuni
limitrofi, come Fucecchio e S.Miniato. Fortunatamente alcuni studiosi locali
contemporanei, dalle cui ricerche ho attinto per questa relazione (soprattutto
Fausto Berti, Marco Frati e Giuliano Lastraioli) stanno considerevolmente
incrementando la documentazione storica della Empoli del primo medioevo, con
studi approfonditi anche sul territorio limitrofo, volta a favorire e guidare (M.Frati) anche una ricerca di “archeologia dell’architettura”. Fonti importanti,pur essendo indirette,
possono essere considerate: la Tabula Peutingeriana dove è riportata, fra le
altre, una località ipotizzabile con l’attuale città di Empoli; lo studio sulla
centuriazione di epoca triumvirale del territorio empolese e alcuni toponimi. Le
descriverò nel proseguo della relazione. Oltre ad alcuni grandi archivi
ecclesiastici (dobbiamo ricordare che il comune di Empoli nel medioevo era
suddiviso, sicuramente, tra due diocesi: Lucca e Firenze) è la Collegiata di
S.Andrea, già pieve, la depositaria delle carte più antiche che Empoli possegga.
Ha, precisamente, due distinte raccolte di atti e di documenti. I primi, i più
antichi, sono custoditi nell’archivio del “Capitolo”(vedremo più avanti) e i
secondi, che prendono inizio dalla fine del XV secolo, rappresentano soprattutto
scritture contabili relative ad operazioni economiche e finanziarie. L’archivio
storico del comune ha il primo atto del 1355, mentre l’archivio del Potestà
risale ad appena il 1430. Molti di questi dati sono riportati in vecchie
pubblicazioni come quelle dell’Anonimo Empolese del 1567, del Lami 1736-1758,del
Chiarugi, del Repetti 1833, del canonico Luigi Lazzeri del 1873 ecc. tanto per
citarne alcuni fra i più conosciuti. Per facilitare le consultazioni dei dati,
dal 1957, a cura della Pro Empoli, tutte le ricerche d’archivio significative
vengono pubblicate nel Bullettino Storico Empolese. Cominciano, inoltre, ad
essere numerose le tesi di laurea e di dottorato di ricerca (alcune ancora in
corso) sulla storia e l’archeologia tardo romana e medievale locale, sintomo di un
ritrovato interesse per la nostra, per troppo tempo, trascurata zona. Ultima
arrivata,la pubblicazione periodica Milliarium, dell’Associazione Archeologica,
che intende perseguire la strada del coordinamento fra documentazione storica
“classica”e ricerca archeologica. RICERCHE
PRELIMINARI: LE NOTIZIE E LE DATE PRINCIPALI Il punto di partenza delle ricerche
storiche su Empoli non può non tenere conto dello studio della mappa
rappresentante l’impero romano, dalla Britannia all’India, denominata Tabula
Peutingeriana. Questo nome le deriva da Konrad Peutinger, dòtto di Augsburg, a
cui fu donata nel 1507 da un altro umanista che l’aveva scoperta in un monastero
di Worms e ora conservata alla Biblioteca Nazionale di Vienna.Tale mappa, copia
medievale (del XII o XIII secolo) abbastanza fedele di un originale molto più
antico del IV o V sec.d.C. ( c’è chi lo attribuisce al geografo Castorius tra il
365 e il 366 d.C.), è l’unico “itinerarium pictum”di età romana giunto fino a
noi. Non trattandosi di una vera e propria mappa geografica ma solo di un
repertorio stradale, è stata realizzata molto schematicamente. All’altezza del
corso dell’Arno sono trascritte tre località lungo una via che collegava Pisae
con Florentia Tuscorum: Valvata (8 miglia da Pisa), In Portu (17 miglia da
Valvata) e Arnum (4 miglia da In Portu). Non erano riportate le miglia da Arnum
a Florentia. I numerosi riscontri sulle distanze, la presenza di centuriazioni
ancora rilevabili, i numerosissimi e consistenti ritrovamenti archeologici,
avrebbero individuato recentemente In Portu presso l’attuale Empoli e, ancora da
documentare adeguatamente (ma la recente scoperta di un ponte romano lo
accrediterebbe), Arnum con Montelupo Fiorentino. Alla via fluviale, già
valorizzata dagli Etruschi, si aggiunge in epoca romana un’importante arteria
stradale di fondo valle, ricalcante probabilmente un precedente tracciato, che
collegava prima Fiesole e poi Firenze a Pisa, transitando per Montelupo e
Empoli. La strada, attribuibile al console T. Quinctius Flaminius, risalirebbe
alla seconda metà del II sec. a.C.. A circa un secolo più tardi, in età
triumvirale (Ottaviano, Antonio e Lepido), è attestata una centuriazione (G.Ciampoltrini,M.Ristori) alla confluenza dell’Elsa con la valle dell’Arno,
forse ultima propaggine del
territorio nord-est del Municipio di Volaterrae (anche se lo studio di
E.Fiumi,1968, non farebbe rientrare Empoli propriamente nell’area
volterrana). E’ interessante,prima di elencare quelle
che sono le “vere” notizie storiche ufficiali in ordine cronologico, riportare
una fonte indiretta risalente al XVI secolo riguardante la presenza sul sito
dell’attuale chiesa Collegiata di un più antico luogo di culto paleocristiano
risalente addirittura al V-VI secolo d.C.. La cosa merita di essere presa in
seria considerazione e di essere descritta, perché grazie allo scavo
archeologico in corso presso la chiesa sono venuti alla luce reperti (sepolture)
che potrebbero confermare tale notizia (un tempo considerata solo una curiosità
e niente più). Un personaggio, chiamato dagli storici
l’Anonimo Empolese (forse da identificare con un canonico), presente in Empoli
nel 1530 durante l’assedio portato dalle truppe imperiali guidate dal generale spagnolo Sarmiento,riporta in un libretto del 1567, oltre alle notizie dell’assedio
stesso che visse in prima persona, alcuni dati riguardanti la pieve di Empoli,
che sarebbe stata vecchia di 1106
anni rispetto al momento in cui stava scrivendo. La chiesa risalirebbe alla fine
del V secolo d.C. e perciò fra le più antiche della Toscana. Indirettamente tale
notizia parrebbe confermata anche da un controverso dato di archivio dell’840 in
cui si riportano i nomi dei pievani di Empoli, censuari della cattedra di Pisa.
I nomi, prima i romani e poi i germanici sono: Fiorenzo, Decorato, Candido,
Amizio, Gradulfo, Grippo, Bossono e Adelardo. Si pensa che siano in ordine
cronologico e, ipotizzando la durata media della loro carica in circa 25 / 30
anni, ci avvicineremmo molto alla data ipotizzata dall’Anonimo. Per ovvi motivi di
tempo e spazio, citerò integralmente tutti i documenti esistenti fino all’anno
mille e di seguito solo quelli, a mio avviso, più interessanti ai fini di una
breve analisi, al termine di questa
relazione, su alcune fasi storiche della città fino alla metà del 1300, tentando
anche un collegamento con i principali avvenimenti generali del medioevo. Il primo documento in cui compaiono i nomi
di Empoli e di Pontorme (ora un quartiere inglobato nel centro urbano) risale al
30 aprile del 780 e riguarda l’atto di fondazione della Badia di S.Savino a
Cerasiolo, presso Pisa e la relativa donazione (fra le altre) da parte di tre
fratelli di origine longobarda, figli del nobile Aricauso, della corte e della
chiesa di S.Michele in Pore e della corte
di Pontorme. Su questo documento cominciano ad esserci dubbi, non tanto
sull’autenticità della notizia stessa, ma quanto sulla effettiva datazione che
non corrisponderebbe con recenti studi paleografici che la porrebbero in epoca
in po’ più tarda (R.Chellini). All’840 risale il già citato controverso
(anch’esso!) documento che rappresenta la Memoria del censo pagato dal pievano
di S.Andrea a Empulo al vescovo di Pisa. Del 24 maggio 883
è l’atto di enfiteusi di beni in Marciniana ecc.(estremo confine nord
occidentale del comune di Empoli) nel piviere di S.Ginesio (presso S.Miniato,rammentato la prima volta nel 715) dal vescovo di Pisa a Gumberto da
Firenze. 12 dicembre 937,
atto di donazione della Corte Nova in Impori etc. da parte del re Ugo alla
moglie Berta, vedova di Rodolfo di Borgogna. Questo documento è tra i più
importanti per la storia altomedievale di Empoli perché certamente autentico ed
interessante perché per la prima volta in un atto scritto compare la
denominazione di Toscana per indicare la Tuscia, spia eloquente della
penetrazione del “volgare” in atti ufficiali. Lucca, 2 agosto 991 atto di enfiteusi di
beni e rendite nelle ville di Marcignana,Briscana(Brusciana),Padule(Castelluccio),Cerbajola,Planectule(Pianezzoli)
etc. nel piviere di S.Genesio di Vicho Vallari dal vescovo di Lucca ai figli di
Ugo di S.Miniato. Firenze, 11 dicembre 1059, bolla papale di
conferma spedita da Niccolo’ II al pievano e ai canonici di Impoli. Pistoia, 10 dicembre 1119, atto di
investitura e giuramento di far venire gli uomini dei castelli di Impori, di
Cittadella etc. ad abitare presso la pieve di Sant’Andrea dando a ciascuno un
casalino per edificare la propria casa; costruirvi un castello e non
distruggerlo; non costruire chiese, abbazie o cenobi nella parrocchia della
pieve dai conti Guidi al proposto di Impori. Questo è stato, fino alle nuove
scoperte archeologiche, il più antico documento comprovante l’organizzazione
urbanistica di Empoli. Del 25 maggio 1191 e del 27 maggio del
1192 sono rispettivamente un privilegio imperiale di conferma della corte di
Impolim etc. da Enrico VI ai conti Guidi e una bolla papale di conferma delle
pertinenze della pieve da Celestino III al proposto di Empoli. Del 12 agosto
1254 è l’importante atto di vendita di, praticamente, tutti i beni dei conti
Guidi posti nel territorio di Empoli al Comune di Firenze. 20-23 luglio e 12 agosto 1260 atti di
promessa di contributo all’approvvigionamento dell’esercito fiorentino da vari
rettori di popoli dell’empolese al comune di Firenze. Da ricordare che alla fine del mese di
settembre del 1260 si tenne il famoso convegno ghibellino nel palazzo dei conti
Guidi all’indomani della disfatta fiorentina a Montaperti
(4 settembre 1260). 1° novembre 1333 cronaca del crollo delle
mura di Empoli e Pontorme a causa della disastrosa piena dell’Arno. Del 1336 è la delibera di ricostruzione
delle mura castellane di Empoli e Pontorme, danneggiate dal “diluvio”. I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DEI SECOLI SCORSI: NOTIZIE E
MATERIALI Per l’epoca romana, le fonti bibliografiche, unite ad una diffusa tradizione orale, segnalavano varie scoperte nella zona, quasi tutte concentrate nel comune di Empoli ed avvenute nei secoli passati. Fra le tante si evidenziavano due statue acefale in marmo raffiguranti due togati e un frammento di architrave, sempre in marmo, con fregio vegetativo e figurine di animali (“peopled scroll”).I tre pezzi facevano probabilmente parte di uno stesso monumento funerario e sono attribuiti ad una bottega artigiana tardo etrusca del I sec. d.C. (G.Ciampoltrini).Trovati “nell’agro empolese” dal pittore Gagliardi ai primi dell’800, furono da lui donati e sono tuttora esposti al Camposanto Monumentale di Pisa. La stele dei Gavii o di Dianella, per circa 200 anni a villa Dianella nel comune di Vinci (quella di Renato Fucini) e attualmente a villa Torrigiani a Firenze. La stele, funeraria, fu trovata casualmente nel XVIII sec. in località Pantano a sud della città di Empoli e apparteneva alla famiglia Gavia ( I sec.d.C.). i marmi di reimpiego (anche con iscrizioni) nella facciata e all’interno dell’antica Pieve al Mercato,ora Collegiata di S.Andrea. Notizie (non confermate) di un basamento di edificio sacro in località Prato Vecchio. Il bellissimo sarcofago di S.Rocco o di Cittadella, rinvenuto nel XVIII sec., che andò a far parte della collezione Rinuccini a Firenze e poi disperso. Notizia dei resti di un grande ponte romano sul fiume Elsa, presso Ponte a Elsa. Nel XVIII sec. rinvenimento di una pietra miliare romana in località Pietrafitta, fra Empoli e Pontorme, attinente probabilmente alla via consolare fatta costruire o ristrutturare da T. Quinto Flaminio nel 123 a.C.. Rinvenimento di due necropoli altomedievali (longobarde?) presso Villanuova negli anni ’50 del ‘900 e subito reinterrate. Strutture varie nel centro storico e così via. Con la dovuta cautela, ognuna di queste notizie poteva essere interpretata come una sia pur debole fonte storica da approfondire, ma purtroppo così non fu e a nessuno di questi ritrovamenti occasionali seguì una ricerca scientifica (o almeno obiettiva), volta ad individuare in modo certo un eventuale centro romano. Gli storici locali, in seguito, ipotizzarono tale abitato presso la frazione di Empoli Vecchio, convinti dalle documentazioni d’archivio che attestavano la maggiore antichità di questo sito rispetto all’attuale centro cittadino, colpevolmente nato “solo” nel XII secolo intorno ad una preesistente pieve al mercato o all’olmo, escludendo di fatto ogni altra possibile localizzazione. A smentire quanto da questi ultimi ipotizzato verranno le scoperte archeologiche che descriverò qui di seguito. QUALCHE TOPONIMO Tutto il territorio del Valdarno intorno a
Empoli presenta una ricca toponomastica di chiara origine romana. Scarsi sono i
toponimi etruschi (al contrario del Chianti e del Casentino) e non molto
numerosi sono quelli tipicamente germanici o comunque altomedievali.
Numerosissimi sono i “microtoponimi” che corrispondono a voci popolari di
tradizione orale e che corrono un serio pericolo di estinzione se non verranno
catalogati al più presto. Di chiara origine etrusca sono: Elsa e
Avane, mentre è ancora aperto il dibattito su Ponte alla Stella che per alcuni è
Ponte alla Stenna. Quelli di origine prediale romana:
Brusciana, Canzano, Cascialla, Casciana, Fibbiana, Marcignana, Martignano,
Pagnana, Piazzano, Pogni, Ponsano, Rignano, Scorzano, Sovigliana, Stigliano,
Tartagliana, Terrafino, Vitiana; solo per citare i principali. I pochi germanici:
Monterappoli, Montemagnoli, Montepaldi, Montepagani, Bonistallo, a cui si devono aggiungere
Cortenuova, Villanova, il Palazzo, Torretta, Torrino, Castellare, La Motta,
Castelluccio ecc. chiaramente attestanti frequentazioni medievali; senza
trascurare le varie chiese dedicate a S.Michele e a S.Martino. Un discorso a parte meritano i due
torrenti che portano i nomi di Orme e Ormicello. Secondo un recente studio di Riccardo
Chellini, sarebbe chiara la derivazione dal greco ormos: ormeggio, attracco. Il
torrente Orme si getta in Arno fra Empoli e Pontorme, proprio accanto al punto
dove, fino al tardo “500, l’Arno “bisarnava” e formava due bracci distinti.
Empoli si adagiava sulla riva di quello di sinistra, che formando un’ampia ansa,
mitigava la corrente del fiume e dove, presumibilmente, era situato almeno uno
degli approdi principali fin da epoca classica. L’origine greca del nome Orme
potrebbe perciò riferirsi ad un sicuro approdo, ben conosciuto, utilizzato
durante la guerra greco-gotica dalle truppe di Giustiniano che risalivano il
fiume Arno da Pisa e giungere così nel cuore dell’Etruria settentrionale, come
prima di loro avevano fatto gli etruschi e i romani. LA RICERCA SUL TERRITORIO. LE
SCOPERTE ARCHEOLOGICHE: DALLA PREISTORIA AGLI INIZI DELLA CERAMICA
MEDIEVALE. La forte e continua antropizzazione del territorio ( che ha cancellato o seppellito ogni testimonianza visibile del passato più remoto ) unita alla grande industrializzazione moderna hanno contribuito a confondere ulteriormente le idee sulla reale importanza storica della zona. Di fronte a tale situazione, come già detto, solo la ricerca archeologica sistematica poteva fare chiarezza e dare conferma a quelle poche fonti sopracitate. Un grande aiuto alla risoluzione di questo problema è giunto dalla fondazione, agli inizi degli anni “70, di gruppi di volontariato archeologico, che hanno contribuito con le loro attività, alla realizzazione di nuove scoperte e di nuovi studi, permettendo la costituzione di strutture museali. I rinvenimenti citati nei paragrafi seguenti sono frutto quasi esclusivo di tali ricerche. L’inizio del processo di
Antropizzazione: la Preistoria e i primi insediamenti Protostorici Nella
preistoria, agli albori della presenza dell’uomo, le attuali valli dell’Arno e
dei suoi affluenti presentavano un
ecosistema piuttosto complesso, ricco di acqua e di foreste, in cui viveva una
fauna piuttosto abbondante. Tale ecosistema creò le condizioni ottimali per la
sosta di popolazioni nomadi dedite alla caccia e alla lavorazione delle pelli.
Le comode terrazze collinari circostanti le vallate, ricche di detriti litici
portati da un grande fiume, in particolar modo diaspri rossi e selci, fornirono
la materia prima per la lavorazione dei primi strumenti in pietra. I siti
preistorici individuati sono oltre un centinaio, ancora in gran parte inediti e
in corso di studio per accertarne definitivamente la cronologia. La prima
presenza umana accertata, finora, risale al Paleolitico Inferiore e più
precisamente alla fase finale dell’Acheuleano ( oltre 100.000 anni fa ), con
i giacimenti di Petrognano e
Casa Cambi (presso Montelupo), di Capraia e Poggio Carbone ( recentemente anche alcuni ritrovamenti
in località Corniola presso Empoli), con ricca presenza di strumenti su scheggia
e alcuni bifacciali.E’ con il Paleolitico Medio, corrispondente alla fase più
antica della glaciazione di Wurm, che la zona presenta un aumento del numero
d’insediamenti a testimonianza di una maggiore abbondanza di fauna. Le industrie
principali, ricche di raschiatoi e denticolati, sono attribuite al ceppo
Musteriano (oltre 40.000 anni fa) e alcune presentano anche caratteri arcaici, come a Piazzano e
Martignana. Fra le tante sono da segnalare: Piazzano, Cotone, Martignana,
Monteboro, Pianezzoli, Cerbaiola (presso Empoli), Petrognano, Capraia,
Ambrogiana, Turbone, ecc.(presso Montelupo).Il Paleolitico Superiore,
corrispondente alla fase più recente della glaciazione di Wurm (da 35.000 a
10.000 anni fa circa), è presente nell’empolese con caratteristiche abbastanza
arcaiche, riferibili al periodo più antico: l’Uluzziano ( presso Cerbaiola), ma
non mancano riferimenti all’Aurignaziano e all’Epigravettiano ( presso
Montelupo, Pianali del Montalbano, Poggio alla Malva). Il Mesolitico (circa
10.000 anni fa, postglaciale) è in attenta fase di studio per i recenti
ritrovamenti sempre presso Montelupo. Il Neolitico è, per ora, scarsamente
documentato. Con l’età dei Metalli ( Eneolitico e Bronzo, III - inizi I
millennio a.C.) si va
delineando una prima organizzazione in villaggi (anche in pianura, come
dimostrato dagli insediamenti presso la piana di Sesto Fiorentino, recentemente
esplorati), ancora tutta da definire essendo le ricerche ad uno stadio
iniziale.
L’età del Rame o Eneolitico è in una fase di attenta osservazione per
i molti ritrovamenti sporadici, avvenuti negli ultimi anni in tutto il
territorio e che potranno riservare molte sorprese in un prossimo futuro. Per
l’Età del Bronzo la grossa novità
risale al 1989, presso Bibbiani, ed è rappresentata dalla scoperta di un
villaggio di cui sono stati scavati tre fondi di capanne e rinvenuto abbondante
vasellame (ciotole ad ansa cornuta) attribuibile al Bronzo Medio e al Bronzo
finale. A questo si affiancano i resti sempre di tre capanne (1965), in località
Migliorati a Stabbia, presso Cerreto Guidi, risalenti anch’esse al Bronzo finale
e un’ascia ad alette, a Sammontana presso Montelupo. Interessanti indizi
provengono anche dai recuperi nel centro di Empoli, ma non sono ancora
sufficientemente documentabili per azzardare qualche ipotesi Mancano
ritrovamenti certi dell’età del Ferro (inizi del primo millennio a.C.),
fase iniziale di formazione della
civiltà etrusca (finora chiamata, impropriamente Villanoviano).
LA PRESENZA ETRUSCA E’ con gli Etruschi, grandi navigatori e
commercianti, che viene ad evidenziarsi la principale caratteristica dell’area
empolese: la viabilità fluviale.Questo popolo, vera e propria colonna portante
della formazione culturale europea, ha infatti privilegiato, tramite le vie
d’acqua interne, i collegamenti mercantili da e per i grandi porti-empori sulla
costa. Empoli, grazie alla sua posizione strategica, possedeva sicuramente un approdo sulle
rive dell’Arno; qui potevano confluire i prodotti agricoli e artigianali delle
colline e delle vallate circostanti e qui potevano attraccare le barche
provenienti dal grande porto di Pisa, scaricare le loro merci e farle poi
proseguire sempre per fiume (l’Elsa, il Pesa) o per via di terra verso l’Etruria
interna e il Valdarno superiore.Il nostro territorio è stato considerato, sin
dall’antichità , il confine estremo della nazione etrusca, collocata
canonicamente tra la riva destra del Tevere e la riva sinistra dell’Arno. A
contraddire,però, le vecchie
tesi sono venute le scoperte, in tempi recentissimi, delle varie necropoli di
Comeana , dell’abitato e necropoli di Artimino, Quinto Fiorentino, Palastreto,
il villaggio in pieno alveo del cosiddetto, erroneamente, lago di Bientina, il
notevole insediamento di Montereggi presso Limite sull’Arno. Tutti a nord del
fiume e tutti sufficientemente antichi e consistenti da giustificarne la
presenza sin dalla prima formazione della nazione etrusca. Gli ultimi
ritrovamenti nel centro storico di Pisa (
un tumulo principesco dell’VIII sec.a.C. con rito funerario
“omerico” e un impianto urbano arcaico, tali da far ipotizzare la città marinara
addirittura tra le dodici più antiche lucumonie etrusche), hanno ulteriormente
aperto nuove prospettive di ricerca archeologica anche nella nostra area, considerata finora
dagli studiosi estrema propaggine del territorio di influenza volterrana. A
giustificazione di quanto detto sono i ritrovamenti (1991-1993 e 1999-2001), in
pieno centro storico a Empoli, nella ex vetreria Del Vivo e nello scavo di
piazzetta della Propositura, di alcune strutture di epoca ellenistica attinenti
ad abitazioni, compendiate da
continui rinvenimenti di ceramiche a vernice nera, fra cui una grande
quantità ad impasto grigio di
produzione locale, in ogni scavo e/o saggio nel centro cittadino.Dallo studio
dei reperti, anche se solo frammentari, sta emergendo una realtà archeologica
stimolante: la presenza di centri commerciali ed agricoli etruschi in pianura, a
dimostrazione di precoci interventi di ingegneria idraulica nella media valle
dell’Arno, che saranno poi ulteriormente sviluppati durante la dominazione
romana. I centri residenziali e le fattorie erano sicuramente sulle colline
circostanti Empoli, come dimostrato dai resti dell’interessante piccola
necropoli di Martignana Alta, sviluppatasi cronologicamente dall’epoca tardo
orientalizzante (fine VII inizi VI sec.a.C.) fino ad epoca romana, con sepolture
sia di inumati che di incinerati; dai ritrovamenti sporadici sulla rocca di
Monterappoli, da tracce di corredi in località S.Frediano, da un bronzetto sulle
colline di Vinci, da sepolture nel comune di Cerreto Guidi, dalle probabili aree
sacre di Pietramarina sul Montalbano e in località Fontina di Montelupo
Fiorentino, oltre al già citato centro di Montereggi di Limite. Nuove ricerche,
ancora in corso, porteranno sicuramente altri importanti tasselli al complesso
mosaico della storia etrusca nella nostra zona. LA ROMANIZZAZIONE. DALLE PRIME PRESENZE AL TARDO
ANTICO E AL PRIMO MEDIOEVO Il punto di partenza
delle ricerche condotte nei primi anni “80 dalla locale Associazione
Archeologica, prima con l’Università di Siena e in seguito direttamente con la
Soprintendenza, fu lo studio della già citata Tabula Peutingeriana, insieme ai
resti ancora riconoscibili della centuriazione e alle foto aeree della zona. I
rinvenimenti di epoca romana risultarono subito numerosi in tutta l’area a
cominciare dagli insediamenti rurali sparsi nel circondario (i toponimi romani,
come abbiamo visto, sono molto diffusi in zona), alle piccole necropoli con
tombe alla “cappuccina” fino alle segnalazioni di strutture un po’
dovunque.Nonostante l’importanza delle scoperte sparse nella campagna, solamente
l’attuale città di Empoli presentò
subito caratteristiche di vera e propria antica urbanizzazione (e di questo
dovremo tenere conto nell’analisi finale), consistente in un vasto insediamento
romano (almeno di tipo vicano), corrispondente all’attuale centro storico e
sviluppatosi sin dal II sec. a.C..Insediamento probabilmente coevo con le
deduzioni coloniali repubblicane di Lucca e di Luni e il primo sfruttamento
romano del porto di Pisa. Fra le indagini archeologiche eseguite sia in città,
che nell’immediata periferia, sono da citare: lo scavo Pratesi (a tutt’oggi la
maggiore concentrazione di materiale romano del medio valdarno), il recupero di
Avane, lo scavo nella ex vetreria Del Vivo di una domus (perciò casa di città)
tardo repubblicana con pavimenti di varia tipologia e tre piccole fornaci di
vasellame da mensa, Piazza Farinata degli Uberti, Montefiori, piazzetta della
Propositura (che tratterò a parte) ecc. Da questi scavi sono emersi reperti di
grandissima importanza, sia di produzione locale che d’importazione,
evidenzianti, a conferma della già citata posizione strategica in Etruria
settentrionale, un tessuto sociale abbastanza complesso, gravitante intorno a
sviluppate attività mercantili. Si spazia dai preziosissimi vetri ai ricercati
vasi aretini, dalle anfore (ben 38 tipi, dei quali molti prodotti in zona) alle
sottili ceramiche da mensa africane, dalle monete alle comuni stoviglie, dai
basamenti di colonne di edifici repubblicani ai pavimenti a decorazione musiva
di epoca augustea. Su tutti, per importanza, va posta la cosiddetta anfora di
Empoli, rinvenuta la prima volta ad Ostia negli scavi delle Terme del Nuotatore
e denominata Ostia IV figg.279 – 280. Grazie alla scoperta, da parte
dell’Associazione Archeologica del Medio Valdarno, di una prima fornace in
località Avane, agli inizi degli anni “80, è stata “ribattezzata” Anfora di
Empoli in un famoso convegno internazionale organizzato dal Dipartimento di
Archeologia Romana dell’Università di Siena, con studi dei proff. D.Manacorda,
G.Pucci e A. Cambi, diventando un vero “fossile guida”per l’archeologia.
Prodotta per oltre tre secoli e
mezzo a cominciare dalla metà del II d.C., è risultata una delle anfore vinarie
di età imperiale più diffuse nel Mediterraneo (dalla penisola Iberica all’Egeo).
Al momento sono state localizzate ben cinque fornaci di produzione, due delle
quali (saggio Montefiori e Propositura), per i materiali rinvenuti insieme alle
anfore, possono essere datate alla
fine dell’impero romano, se non oltre. In questi recentissimi
scavi, oltre a quest’anfora prodotta per così tanto tempo, sono venute alla luce
varie tipologie di vasellame (alte ciotole, piattelli, ollette) con
caratteristiche decorazioni lineari ed ingobbiature in rosso cinabro (la
cosiddetta lineare rossa) che le farebbero risalire al V –VI sec. d.C.. Alcune tipologie di
anfore, chiamate comunemente Contenitori Cilindrici (per olio e garum), di
produzione nord africana, sarebbero attestate addirittura fino al VII sec. d.C.,
già in piena epoca longobarda. I reperti che potrebbero essere classificati come comunemente
appartenenti all’alto medioevo ( ceramiche acrome graffite, con colature di
rosso e/o veri e propri ingobbi, olle da fuoco “d’impasto vacuolato”, forme
chiuse con collo rialzato, vetrina pesante ecc.), devono essere ancora studiati
attentamente e con estrema prudenza perché spesso sono stati trovati fuori
contesto stratigrafico. Il fatto che il territorio di Empoli sia sempre stato
anche centro di produzione di ceramiche di uso comune, perlopiù inedite, non
facilita ulteriormente lo studio basato su metodi comparativi. Non
dimentichiamo, inoltre, che nel nostro tratto di valdarno (comprese la
Valdinievole e l’area del Bientina) non si può parlare di vere e proprie
differenze chiaramente distinguibili tra produzioni ceramiche “da fuoco”
dell’età tardo-antica e quelle successive fino all’ XI-XII secolo. Tanto sono
state simili fra loro le metodologie di lavorazione, che è più corretto parlare
non di una tipologia ceramica strettamente intesa, ma piuttosto di una soluzione
tecnica obbligata per l’ottimale fabbricazione di contenitori da fuoco. Per ora
nessuna ceramica tipicamente longobarda parrebbe essere stata individuata.
Diverso è il discorso per il basso medioevo che con il XIII sec. si caratterizza
con le prime maioliche arcaiche di area pisana (la produzione di Montelupo
sembra comparire verso gli inizi-metà del XIV sec.), le zaffere a rilievo fino a
quelle che un tempo venivano chiamate italo-moresche e poi le ingubbiate e
graffite (ma questa è un’altra storia).Merita attenzione un bacile di bronzo di
circa 26 cm di diametro, ritrovato fortuitamente nel comune di Empoli in
località Cortenuova nel 1936 o 1938 e donato nel 1983 al Museo della Ceramica di
Montelupo Fiorentino.Studiato da Otto Von Hessen nel 1984, vi è rappresentato al
centro l’imperatore Carlo Magno e appartiene a quella classe di bacili
cosiddetti Hansa-Schalen o bacili-Hansa, prodotti esclusivamente in Germania
settentrionale. Non risale al periodo carolingio (è solo una glorificazione di
Carlo), ma approssimativamente al periodo di Enrico IV, perciò tra la fine
dell’XI e gli inizi del XII sec. Infine, tra i reperti devo citare la grande
barca (13 ml di lunghezza) del 1300, probabilmente affondata per l’alluvione del
1333. I materiali (stadere, arnesi per calatafare, brocchette, una daga ecc.)
sono al museo archeologico di Firenze. Tutti gli altri materiali citati sono
distribuiti tra l’Antiquarium di Empoli e la sede del Gruppo Archeologico. Di strutture visibili di
autentica epoca medievale è rimasto ben poco, anche perché ne è stata (è un dato
di fatto e non una sterile polemica) tralasciata per molto tempo la ricerca
soprattutto per due ragioni: la prima dovuta ad un’impostazione di tipo classico
della stragrande maggioranza degli archeologi professionisti presenti in gran
parte tra i funzionari pubblici e la seconda perché le competenze per lo studio e la
salvaguardia sono suddivise tra due diverse (e scollegate) Soprintendenze a
seconda che si scavi o che si restauri e conservi (Archeologica e Beni
Architettonici). Questa tendenza è, fortunatamente, in corso di revisione grazie
ai sempre più numerosi medievisti e ai gruppi di volontariato che con la loro
presenza sul territorio, “obbligano” gli addetti ai lavori e gli enti locali ad
interessarsi di tutte le emergenze, fino a quelle di epoca moderna. A parte
qualche torre di fortificazione due-trecentesca sia in città che nel territorio
(torre dei frati,dei Righi, Montepaldi, ecc.), scarsi tratti di mura della
seconda cerchia (1336), alcune case torri inglobate in palazzi di Empoli,
Pontorme e Monterappoli, pochi indizi visibili degli antichi palazzi Ghibellino
e Pretorio (rispettivamente palazzo nuovo e vecchio dei Conti Guidi), sono le
chiese, soprattutto con le loro facciate e absidi, che ci rendono più visibile
il pieno medioevo: la Collegiata in romanico fiorentino (autentica la parte
inferiore, con marmi romani di riutilizzo) del 1093, quasi gemella di S.Miniato
al Monte; la facciata della pieve di S.Giovanni Evangelista a Monterappoli
(1165), uno dei prototipi di romanico lombardo in opera laterizia in Valdelsa;
S.Pietro a Marcignana (1195), S.Michele Arcangelo e S.Martino (1192 e 1183)
ecc.Il resto è frutto di trasformazioni e tamponature di epoche successive con
ancora interessanti indizi che solo l’esperto, però, è in grado di cogliere.
Altro discorso sono le mura della terza cerchia iniziate alla fine del XV secolo
e terminate nel XVI, che, come altre strutture coeve nel territorio, per il loro
aspetto, possono sembrare medievali. LO SCAVO DI PIAZZETTA DELLA
PROPOSITURA Nel corso dello scavo, ormai prossimo alla conclusione, è venuta alla
luce per la prima volta una stratigrafia monumentale completa, per quanto di
limitata estensione, delle fasi di vita più antiche della città. Nei recuperi di
strutture effettuati finora era stato possibile documentare testimonianze la cui
pertinenza ad un centro urbano organizzato era solo ipotizzabile. E’ doveroso
sottolineare che la fase degli studi scientifici su i materiali è appena
iniziata e che per avere maggiori certezze si dovrà attendere la fine degli
stessi. Al di sotto dell’attuale pavimentazione ottocentesca in basoli di pietra
arenaria, sono apparsi i resti della più antica pavimentazione cinquecentesca in
laterizi disposti a “lisca di pesce”, di cui si avevano notizie dall’archivio
della Propositura. Tolti i resti di alcune canalette di scolo coeve, sono venute
alla luce oltre trenta sepolture di cronologia e tipologia diverse, disposte su
vari livelli, parallele ed equidistanti tra loro. Le prime, in ordine
cronologico decrescente, in semplici fosse terragne e presumibilmente da
attribuire alle fasi cronologiche della vicina Collegiata e con il termine
ultimo di utilizzo da riferire alla metà-fine del XIII secolo, periodo
corrispondente alla costruzione o all’ampliamento del prospiciente palazzo
pretorio. Le più profonde presentavano un orientamento abbastanza costante, su
due strati diversi, nord-ovest, sud-est (per la maggior parte) e alcune quasi
est-ovest.Tutte poggiavano direttamente su strutture romane di epoca tardo-imperiale con fosse più elaborate
e avevano il fondo costituito dalle strutture romane stesse, con due grosse
pietre che fungevano da appoggio per la testa ed i piedi. Gli inumati erano
deposti senza corredo o quasi, con gli arti superiori sia incrociati sul bacino, sia distesi
paralleli al corpo ed erano coperti da grossi tegoli di riutilizzo, posti direttamente sul
defunto. I pochi oggetti di corredo individuati (piccole fibule, qualche moneta,
paste vitree ecc.) dovranno essere studiati attentamente. Queste sepolture più
profonde sono databili in base alla stratigrafia e alla tipologia (ancora
approssimativamente), al VI – VII secolo d.C.. Gli esami del radiocarbonio, gli
studi antropologici ecc.. potranno aggiungere ulteriori dati. Questo
confermerebbe la fase paleocristiana della chiesa, che è poco distante dallo
scavo. Fra i materiali medievali non risultano ceramiche maiolicate posteriori
alla maiolica arcaica e molte sono le ceramiche da fuoco, graffite ecc. . A
livello delle sepolture è anche un’interessante struttura muraria in conci di
pietra di epoca alto medievale ancora da valutare. Brevemente, fra i resti di
epoca romana: una fornace tardo antica, parte di una abitazione sempre tardo
antica; più fasi abitative di una domus imperiale dal II al IV sec. d.C., alcune
canalette di scolo in pietra, i resti di due strade basolate, di cui una della
prima età imperiale ( I° sec.a.C.) e alcune strutture in conci di pietra murati
a secco di età repubblicana ( II-I sec. a.C.). I materiali sono numerosissimi,
di cui molti reintegrabili e fra questi: lucerne, anfore, vetri (anche
riciclati), oltre 70 monete, decine di tipologie di vasi da mensa e da fuoco,
molta vernice rossa o sigillata, vernice nera etrusca ellenistica ecc.. PICCOLA ANALISI DI ALCUNI AVVENIMENTI E
QUALCHE IPOTESI
Da quanto descritto a grandi linee nei punti precedenti, appare chiaro quali siano stati i progressi della conoscenza sul territorio in esame grazie a tutte quelle scoperte archeologiche conseguenza di ricerche fatte con cognizione di causa, “sposando” la fonte storica ufficiale con la sperimentazione diretta sul campo. Siamo, però, solo agli inizi e la strada da percorrere è lunga, infatti sono ancora troppi i nodi da sciogliere su quel periodo storico di transizione tra epoca romana, intesa nel suo più ampio termine di “cultura romana” e non di semplice cronologia dell’impero, e medioevo propriamente detto. Non sarà certo questa mia modesta relazione a sciogliere i nodi suddetti! Comunque è doveroso, giunti a questo stadio, tentare una sia pur schematica ipotesi di ricostruzione dei fatti, in attesa che gli studi da poco iniziati vadano avanti e portino ulteriori dati da valutare. Dagli
scavi descritti e soprattutto da quello di piazzetta della Propositura,
veramente attendibile, appare subito chiaro un fatto nuovo, mai documentato
prima per l’attuale centro storico di Empoli: la presenza di una struttura
urbanistica ben organizzata sin dalla tarda epoca ellenistica, che poi si
consoliderà nei vari periodi successivi. Le ragioni, si è visto, risiedono per
larga parte nella favorevole posizione geografica, nella navigabilità dei
fiumi,nella presenza di certe materie prime e di condizioni ottimali del
microclima ecc., tutte “variabili” indispensabili per uno stanziamento
permanente nell’antichità. Tutto questo è della massima importanza perché ci fa
capire, come per moltissime altre località della penisola italiana e del sud
della Francia, che la Empoli medievale dell’inizio dell’incastellamento non è
nata ex novo nel 1119 intorno ad una pieve al mercato, come molti storici
avevano ipotizzato in base alla donazione della contessa Emilia, ma è stato
solamente “rivitalizzato”,anche se in modi diversi, un centro preesistente: il
centro portuale commerciale di In Portu citato nella Tabula Peutingeriana.
Perciò è presumibile che gli abitanti della zona, pur sotto le varie esperienze
di dominazione (dai Goti in poi), continuassero a portarsi dietro il bagaglio
culturale di una tradizione urbana di tipo mercantile, da rielaborare di volta
in volta a seconda delle esigenze contingenti.Questa esperienza urbana fatta di
quartieri artigianali e di attracchi navali,unita alla vicinanza, tramite
l’Arno, con un centro dell’importanza di Pisa, probabilmente mai completamente
decaduto dai fasti di epoca
classica, spiegherebbe la presenza di commerci oltre la media rispetto ad altri
centri tardo antichi e d’inizio medioevo dell’interno della Tuscia. In poche
parole, Empoli avrebbe continuato a produrre e commerciare, proseguendo la
tradizione della cultura classica mediterranea anche in periodi come il VI - VII
sec.ed oltre, sull’onda dei successi d’esportazione di anfore vinarie dal III al
V sec. (già di per sé secoli di crisi produttiva nella parte occidentale
dell’impero romano). Ciò non vuol certo dire che Empoli avesse conservato
l’aspetto urbanistico romano, che quasi sicuramente si era in buona parte
degradato per le innumerevoli vicende di questo periodo (infatti sono molte le
tracce di espoliazione nei manufatti), ma certamente una certa organizzazione
era rimasta e sicuramente persisteva la sede religiosa: al tempio pagano
dedicato a Minerva, secondo la tradizione, si era sostituita la prima pieve (di
S.Andrea, guarda caso patrono dei traghettatori) già dal tardo antico (da
ricordare alcuni documenti e la necropoli).In seguito, di fronte a questa pieve
si radunerà uno dei mercati più antichi ed importanti di tutta la Toscana,
facendole prendere l’appellativo di pieve al mercato. La stragrande maggioranza
dei toponimi di origine romana giunti sino a noi, rispetto ai pochissimi di
origine germanica, è un’altra indiretta conferma di quale fosse la cultura
dominante. All’attuale stato delle conoscenze, quali eventi degni di nota siano
accaduti nei secoli dal VII al IX e se ci siano state variazioni nella
popolazione del territorio empolese, non ci è dato sapere con sicurezza. Questo
è il periodo sia del consolidamento della dominazione longobarda, sia (almeno
politicamente e militarmente) da quella successiva dei carolingi. Come ho già
detto, sono molto scarsi i ritrovamenti archeologici sicuramente attribuibili,
non tanto al periodo in esame e alle relative ceramiche di uso comune, quanto
alle tipologie dei materiali tradizionalmente definibili longobardi. Comunque,
considerando il gran numero di insediamenti anche d’altura sparsi nella zona,
spesso con toponimi germanici, si può ipotizzare, oltre al centro di Empoli,
anche una certa distribuzione della popolazione sul territorio. Ricordiamo, a
questo proposito, l’importanza raggiunta nell’ VIII - X secolo dal centro di
Vico Vallari (già citata nel 715), sull’incrocio con la via Francigena poco
sotto l’attuale S.Miniato, descritta dal vescovo Sigerico sulla via per Roma nel
990; le numerose corti sparse un po’ dovunque, gli insediamenti di Montereggi,
di Torre Benni, di Greti, di Montepaldi, di Monterappoli (quest’ultimo sarà
oggetto di un’approfondita indagine archeologica nei prossimi mesi) e via
dicendo. Gettato il”sasso nello stagno” del processo di formazione del medioevo
empolese, passiamo, per concludere, ad una breve valutazione di alcuni dei
documenti citati dalle fonti ufficiali, cercando di inquadrare i documenti
stessi in avvenimenti di più ampio respiro. I
primi documenti scritti relativi al territorio empolese sono quelli datati 780,
840 e 883, già descritti. Questi lo farebbero gravitare nell’orbita pisana, in contraddizione
con i confini della marca di Tuscia, che ponevano il limite delle diocesi di
Lucca, Firenze e Pistoia alla confluenza del fiume Elsa con l’Arno. Pur
dubitando di una loro completa attendibilità, confermerebbero ulteriormente i
rapporti stretti che Empoli avrebbe avuto con Pisa, in periodo alto
medievale. Nel corso del X secolo, con documenti più
attendibili, notiamo una stabilizzazione dei confini diocesani che non appaiono
più coincidenti con i corsi dei fiumi, naturali frontiere degli antichi municipi
romani. La diocesi di Lucca, infatti, è ben presente in pieno territorio
empolese con numerose chiese e possessi come si legge nell’atto di enfiteusi del 991:
Cerbaiola, Pianezzoli, Castelluccio,Brusciana e Pagnana e con Terrafino ( Terra
Finis) estremo confine orientale. Pisa non è più citata, solo Firenze e Lucca,
con Volterra a pochi passi (Coiano) e nel mezzo Empoli in posizione strategica
di confine. Il mondo ricomincia a muoversi e di conseguenza la viabilità
riprende vigore: la via Francigena, la via Pisana, le vie del sale, tutte
contribuiscono ai fitti passaggi di genti che verso la fine del secolo si
muovono dalle altre zone: Dai primi maestri lombardi che cominciano ad
influenzare le tecniche architettoniche delle nuove costruzioni ecclesiastiche
in Valdelsa, ai pellegrini e ai movimenti militari della piena età Ottoniana.
Nell’XI secolo, precisamente l’11 dicembre del 1059, papa Niccolo’ II (fresco di
nomina), già vescovo di Firenze e perciò profondo conoscitore delle vicende
della zona, assegna e fissa con una bolla la parte delle rendite fondiarie e dei
tributi cui hanno diritto il pievano e i chierici della pieve di S.Andrea. La
solennità con cui è stilato fa pensare all’atto ufficiale della fondazione del
“Capitolo”. La bolla chiude con la minaccia di scomunica contro tutti coloro,
laici potenti e capi della gerarchia ecclesiastica,che attentassero ai beni e
all’autorità dei legittimi detentori. Siamo alla lotta per le investiture
iniziata da Leone IX e proseguita da i vari papi succedutisi (fra cui,appunto
Niccolo’ II) fino a sfociare nella lotta aperta fra Gregorio VII (collaboratore di
Niccolo’ al tempo del documento) ed Enrico IV e non finendo con loro.E’ anche
l’epoca dei grandi riformisti in senso puramente spirituale, come Giovanni
Gualberto, Romualdo e Pier Damiani e sulla loro scia fioriscono esperimenti di
tipo monacale anche intorno alle chiese con formazioni di chierici riuniti
appunto, in Capitoli, come quello di Empoli e sarà proprio questo “collegio” di
religiosi sotto l’autorità di un pievano (come fosse un abate) che darà in
seguito il nome di Collegiata alla nostra chiesa. Altra
data importante, ma non più basilare come abbiamo spiegato nelle pagine
precedenti, è quella del 1119 e cioè il primo atto ufficiale
dell’incastellamento di Empoli, intorno alla pieve.Qui entrano in campo i
potentissimi conti Guidi, che dal Valdarno Superiore, verso la metà dell’XI sec.
avevano occupato territori e costruito castelli nella piana e sulle colline
prospicienti Empoli, avendo come mira finale la conquista proprio di questa
località. Le lotte fra papato e imperatori germanici sono ancora serrate e il trattato di
Worms (1122) non ancora firmato. In queste lotte, a favore dell’imperatore
Enrico V, si intromettono i conti Guidi con la speranza di avere dei benefici.
Diventati, infatti, i signori di Empoli, redassero l’atto in apparente accordo
con l’allora pievano Rolando, ribadendo l’intoccabilità dei beni della
chiesa e addirittura
autoproibendosi la costruzione di qualsiasi altra chiesa o monastero nei
possessi della pieve, compreso l’interno del castello. Tutto quanto scritto
sembrò essere una gentile concessione della contessa Emilia di Sinibaldo e di
suo marito Guido Guerra I al pievano che veniva anche messo sotto la loro
protezione verso i soprusi dell’imperatore. Al contrario, fu solo per salvarsi
la faccia, perché il pievano Rolando aveva ancora saldamente in pugno la
situazione e nella contrattazione fu l’attore principale. Molte altre saranno le
bolle papali (1192, 1258) a ribadire i diritti inalienabili di questa pieve,
prezioso avamposto toscano del
papato contro gli imperatori germanici (spesso risiedevano a S.Miniato, detto
appunto al tedesco, a quattro miglia da Empoli) e i signori suoi alleati. Il
congresso Ghibellino della fine del settembre 1260, dopo la sconfitta dei
fiorentini a Montaperti, viene tenuto in quello che è passato alla storia come
Palazzo Ghibellino e che risulta essere il “palazzo nuovo” dei conti Guidi. La
storia di Manente degli Uberti,
detto Farinata e strenuo difensore di Firenze è nota. Mi preme sottolineare che Empoli con
questo congresso apparve ai più come una
città ghibellina e nemica di Firenze. Al contrario, fu per la maggior parte
della sua storia di fede guelfa e una delle più fedeli alleate di Firenze, come
dimostrerà nel corso del tempo. La felicità dei ghibellini fu di breve durata,
già nel giugno del 1269 con la vittoria nella battaglia di S.Marziale a Colle di
Val d’Elsa su i ghibellini senesi e i loro alleati, i guelfi tornarono padroni
della situazione. Il
1333 e il 1336 sono altre due importanti date della storia locale perché
rappresentano rispettivamente la disastrosa alluvione dell’Arno, che i
contemporanei definirono diluvio e l’inizio della ricostruzione della cinta
muraria che era stata parzialmente demolita dalla piena. Oltre alle mura di
Empoli (dell’XI – inizi XII sec. e che furono in grado, più volte, di reggere
l’impeto delle truppe di Castruccio Castracani, signore di Lucca fino al 1328),
furono distrutte anche quelle poco distanti di Pontorme e i danni furono enormi
anche a Firenze. Questo fenomeno meteorologico eccezionale è da inquadrare fra
le innumerevoli cause contingenti che nel corso del XIV sec. (carestie,
pestilenze, ecc.) contribuirono a mettere in crisi l’economia e la società
medievale che era stata in continua crescita dall’XI sec.. Il
fatto che in pochi anni si giungesse alla completa ricostruzione e al
relativo ampliamento della cinta muraria, tutta ex novo in opera laterizia, dimostra soprattutto una cosa: la grande importanza che
Empoli aveva assunto come avamposto di
Firenze, la quale non si poteva assolutamente permettere di tenere
sguarnita la piana dell’Arno a occidente, in un periodo di espansione e di nuovi
pericoli provenienti anche dal di fuori della regione. Come, infatti, confermò l’attacco portato dagli
Scaligeri di Verona, con Mastino II della Scala, alla piana empolese nel 1336 a
mura ancora da restaurare. Questo avvenimento rese della massima urgenza
l’accelerazione dei lavori di realizzazione di una nuova fortificazione più
possente e più idonea alle nuove tecniche di assedio che si facevano avanti in
quel periodo. E’ un’epoca in cui gli eventi sono sempre più turbolenti e, al
contrario, la spinta positiva della crescita socio-economica dei secoli
precedenti comincia ad esaurirsi. Il papa è già ad Avignone, nuovo centro di
mondanità, si accende la dissidenza francescana, gli imperatori sono più di nome
che di fatto (Arrigo VII, è morto da poco a Buonconvento, 1313, insieme a tutte
le speranze di Dante), la guerra dei cento anni è alle porte, arriveranno anche
la peste e le rivolte e comincerà, così, la fine di un periodo del medioevo. La
repubblica fiorentina sta estendendo il suo dominio in gran parte della Toscana
e d’ora in poi Empoli, pur libero comune, seguirà sempre le sorti di Firenze
fino all’epoca moderna come fedele alleata. Dopo
questa lunga “carrellata” di eventi, alcuni dati si possono confermare almeno
nelle loro linee generali: Empoli è più antica di almeno XIII secoli di quello
che le fonti ufficiali asserivano ed è organizzata con criteri urbani in modo
quasi continuo fin dalle origini, in pratica mai abbandonata completamente; è sempre stata (pur con alti e bassi) un
centro di produzione e di commerci anche nei periodi più cupi della storia
italiana; e che, in pieno medioevo, per la sua fedeltà alla causa “guelfa” è
stata un baluardo contro gli imperatori germanici e i signori loro alleati, sia
per la chiesa che per la repubblica fiorentina.
Spero
che tutto quanto finora detto possa servire, visti gli ancora tanti quesiti che
rimangono da sciogliere, da spunto per ulteriori, più approfondite
ricerche. |
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Associazione Archeologica Volontariato Mediovaldarno Sede: Piazza Farinata degli Uberti, 10/11 - 50053 Empoli (FI) - C.P.218 Archivio e restauro: Via Bronciani, 10 - Loc. Molin Nuovo - 50053 Empoli (FI) E-mail: info@archeoempoli.it j j j j j
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