Villa dei Misteri - Pompei
L'STRUZIONE, GLI INSEGNANTI, IL MATERIALE,
INSOMMA TUTTO CIO' CHE CARATTERIZZAVA
LA VITA DEGLI STUDENTI NELL'ANTICA ROMA
Quando si dice che il principale motore di crescita di un popolo è l'istruzione, non ci si riferisce soltanto ai risultati che il progresso ha messo oggigiorno sotto gli occhi di tutti, ma al lento evolversi della cultura nel corso dei secoli in tutti i campi, da quello scientifico a quello umanistico. Quando si parla di istruzione non dobbiamo considerare soltanto il significato corrente della parola, quello cioè riferito all'insegnamento di materie ormai ben classificate e divise le une dalle altre da criteri a volte anche non giusti, ma al trasferimento da un'individuo all'altro di conoscenze ed esperienze di qualunque tipo esse siano. Questo tipo di insegnamento ha caratterizzato in gran parte la storia antica della nostra umanità e se oggi siamo arrivati ad avere questo livello di conoscenza lo dobbiamo anche allo scambio di informazioni e di esperienze avvenuto tra le varie generazioni dei nostri antenati. A questo riguardo prendiamo in esame l'istruzione in epoca romana, un'epoca caratterizzata da un grande salto di qualità nel modo di vivere e di organizzare la vita quotidiana.
Scena scolastica - particolare del sarcofago di Marco Cornelio Stazio
(Museo del Louvre) - Parigi
I romani davano un'elevata importanza all'educazione dei propri figli; in un primo momento il compito di educare i giovani era svolto dalla famiglia stessa e più precisamente dalla figura del padre il quale appena il figlio raggiungeva l'età giusta per apprendere e svolgere determinati compiti, dava subito una prima infarinatura di tutto ciò che il proprio pargolo avrebbe poi approfondito con il passare degli anni. Si trattava per lo più di insegnamenti sul modo di vivere e di comportarsi, affiancati da un primo avvicinamento alla lettura, alla scrittura e all'aritmetica. Possiamo quindi dire che il padre era il primo maestro nella vita del giovane Romano (praecepta paterna) ed anche quando, in un secondo momento la sua istruzione veniva affidata ad un insegnante professionale, il padre continuava a seguire personalmente l'apprendimento del figlio ed a svolgere una funzione di controllo dell'operato del suo istruttore. Occorre puntualizzare che non esisteva un'istruzione di massa, in quanto per motivi politici e sociali questa non era ben vista dalla classe aristocratica che deteneva il potere; la cultura infatti era considerata una pericolosa arma che poteva suscitare pensieri di ribellione, se diffusa anche nelle classi più umili. Questo non deve far pensare che non vi fosse una richiesta di istruzione da parte dei ceti inferiori della popolazione, al contrario si assistette ad una lenta ma costante ricerca da parte dei genitori delle famiglie meno agiate, di un maestro che potesse fare lezioni a gruppi di ragazzi , in contrapposizione al tutore personale (paedagogus) che caratterizzava l'educazione dei figli appartenenti alle famiglie più agiate, il quale oltre a svolgere il proprio compito di insegnante viveva anche nella famiglia del suo assistito. Nella prima parte dell'epoca repubblicana si assiste ad una chiara opposizione ai valori culturali esterni alla tradizione italica, principalmente verso quella cultura ellenica che propagandava un tipo di istruzione gestita da amministrazioni locali a differenza di quella romana ancora basata su criteri di tipo patriarcale; massimo esponente di questa corrente fu Marco Porcio Catone il quale assertore di una romanità basata sul rispetto di antiche tradizioni, scrisse un manuale dedicato al figlio Marco (Libri ad Marcum filium), che trattava di vari argomenti ed insegnamenti comportamentali che secondo Catone dovevano rappresentare una sorta di regolamento per i giovani dell'epoca.
Giovane con stilus - Ercolano
Il diffondersi delle prime scuole pubbliche tolsero al pater familias il monopolio dell'istruzione, fondata fino ad allora sul più rigido tradizionalismo e contribuì al diffondersi della cultura ellenica a Roma, in quanto l'insegnamento pubblico fu affidato principalmente a maestri greci. Lo stato non aveva ancora nessun interesse per l' istruzione pubblica e si limitava essenzialmente ad un controllo sporadico per mezzo dei censori. I maestri erano stipendiati direttamente dai genitori dei ragazzi che partecipavano alle lezioni. Questo disinteresse da parte dello stato romano deriva principalmente dalla cattiva considerazione che si aveva della cultura ellenizzante e Catone era uno dei principali sostenitori di questa battaglia in onore delle antiche tradizioni che avevano fino ad allora contraddistinto la vita romana; ma ciò non bastò a fermare un movimento che ormai aveva preso il sopravvento fino ad arrivare a diffondere nelle scuole la lingua greca a tal punto da rappresentare la seconda lingua ufficiale dopo il latino, soppiantando quel poco che rimaneva della precedente lingua etrusca ormai caduta in disuso. Questo evolversi della cultura greca si ebbe grazie anche ad una carenza di opere letterarie in lingua latina , in contrapposizione all' enorme quantitativo di opere che avevano caratterizzato la cultura ellenica e di questo , i maestri di origine greca ne erano ben lieti in quanto potevano diffondere con orgoglio le opere dei più famosi scrittori, poeti della patria natia. Occorre anche ricordare che i migliori libri di medicina erano scritti in greco e che i medici greci godevano di un' eccellente reputazione a Roma. La diffusione delle opere letterarie elleniche era però legata al problema della lingua, in quanto gli studenti imparavano si la lingua greca ma dovevano naturalmente iniziare con testi in lingua latina; ciò dette l' impulso a iniziare le prime traduzioni di opere letterarie dal greco al latino, e proprio da questo impulso che andava sempre più perfezionandosi sono nate le traduzioni in lingua latina di importanti opere come l' Odissea effettuate da Livio Andronico uno schiavo fatto venire da Taranto dall' aristocratico Livio Salinatore, il quale dopo avergli affidato l' educazione dei propri figli lo rese libero dandogli il nome della gens Livia. Il progredire della cultura ellenica porta ad uno scontro tra le due grandi fazioni del tempo i democratici e gli aristocratici, i primi guidati da quel Marco Porcio Catone grande sostenitore delle antiche tradizioni , miravano alla conservazione di valori nazionalistici; i secondi invece mostravano una evidente apertura alla nuova cultura greca.
Con l' istituzione delle scuole pubbliche, venne creato un calendario scolastico che era determinato da quello religioso. L' anno scolastico iniziava a marzo e vi erano delle vacanze nei giorni festivi e ogni nove giorni (nundinae); veniva effettuata una sosta nei mesi più caldi dell' estate. Per quanto riguarda gli orari, le lezioni iniziavano al mattino, con una sosta verso mezzogiorno e venivano riprese nel pomeriggio . Le classi erano composte sia di maschi che di femmine fino all' età di dodici anni, dopo erano essenzialmente formate di soli maschi e di ricca famiglia, mentre le femmine che verso l' età di quattordici anni erano già considerate in età da marito potevano continuare gli studi soltanto per mezzo di insegnanti privati.
Maestro che corregge il compito ad una allieva
(Museo Archeologico "Giovio") - Como
L' antico costume romano prevedeva che il padre provvedesse all' istruzione dei propri figli. Tale istruzione si limitava al leggere, scrivere e far di conto. Negli ultimi anni della Repubblica e durante l' Impero i bambini erano affidati ad un pedagogo (litterator) che insegnava a leggere e scrivere, imparati questi rudimenti si passava al perfezionamento di ciò che aveva imparato; a questo pensavano: il Librarius che si occupava di perfezionare il ragazzo nella lettura e nella scrittura, il calculator che insegnava le varie operazioni aritmetiche ed il notarius che insegnava a stenografare. Alla fine di questi studi il compito di insegnare materie più complesse spetta al grammaticus il quale insegna la lingua e la letteratura greca, la storia, la geografia, la fisica , l' astronomia e la letteratura latina; La materia principale era la retorica in quanto per un romano la cosa principale era di sapersi esprimere con forza e con un linguaggio colto, e per questa serviva un professore di eloquenza (rethor) il quale insegnava la difficile arte del parlare allenando gli allievi ad effettuare monologhi ( suasoriae) oppure dibattiti (controversiae) in cui due scolari sostenevano due tesi opposte.
Corredo di uno scolaro romano composta da stili, calamai e vasetti. I sec. a.C. (Museo Archeologico) - Aquileia |
Piccolo abaco per imparare a contare. (Museo Nazionale Romano) - Roma |
L' istruzione veniva praticata in luoghi che non avevano niente a che fare con i grandi edifici che tutt' oggi caratterizzano le scuole pubbliche; l' insegnamento veniva praticato in piccole stanze (tabernae, pergolae) o addirittura, quando il tempo lo consentiva, all' aperto. L' arredamento scolastico era molto semplice non vi erano banchi e gli scolari erano seduti su sgabelli intorno al maestro il quale era seduto su di una sedia con spalliera (cathedra) o senza (sella); tenevano tra le ginocchia la tavola cerata e l' occorrente per la scrittura. Gli strumenti per la scrittura erano vari; si scriveva su papiro, pergamena (membrana) , su avorio, cocci o tavolette di cera. A causa dell' ineguaglianza della superficie il papiro di fabbrica egiziana poteva essere usato solo da un lato e quindi i romani lo perfezionarono e riuscirono a rendere la superficie perfettamente liscia comprimendola col torchio o battendola col martello. A Roma vennero anche impiantate fabbriche di papiro (horrea chartaria , officinae) , di cui la più importante era quella di Fannio la cui carta (fanniana) diventò famosa per la sua leggerezza e levigatezza nei confronti della rozza carta egiziana (amphiteatrica, in quanto costruita nei pressi dell' anfiteatro di Alessandria). Quando si voleva che la scrittura durasse nel tempo venivano usate superfici come tavole imbiancate col gesso (tabulae dealbatae) , pietra o marmo ed è grazie a questi metodi che oggi abbiamo un grande quantitativo di scritti sia in greco che in latino, che sono serviti a tramandare nel tempo la conoscenza storica dei nostri antenati. I libri non erano nella forma che oggi vediamo, per raccogliere più pagine insieme si usava incollare le pagine una di seguito all' altra formando una lunga striscia che poi veniva avvolta formando un rotolo (scapus), il quale si teneva arrotolato a dei bastoncini (umbilicus) sia in cima che alla fine per evitare che la parte finale si sporcasse strascicando sul terreno; sull'orlo superiore del rotolo veniva applicato un cartellino con scritto il titolo del libro. In età imperiale si arrivò anche a dare ai libri la forma moderna, unendo tra loro alcune pagine di pergamena (quaterniones) in modo da formare una sorta di quaderno con una copertina ( codice membranei), questi però ebbero poco sviluppo per effetto dell' alto costo che li caratterizzava. Per proteggere i libri dalle intemperie e dal flagello delle tignole si usava spalmare la carta con olio di cedro il quale dava un' aspetto giallognolo e lucido al rotolo che successivamente veniva conservato in cassette. Il papiro e la pergamena nonostante la comodità non soppiantarono mai le vecchie superfici usate dagli antichi come cocci, pelli e tavolette cerate, in quanto il loro costo per una persona non facoltosa, era eccessivo. L' inchiostro (atramentum) era di solito nero e si otteneva mischiando insieme varie materie come: fuliggine di resina o di pece, feccia di vino e nero di seppia; esisteva anche un antenato del nostro inchiostro simpatico che veniva usato nella corrispondenza segreta, il sistema consisteva nell' utilizzo di latte fresco come inchiostro e chi riceveva la lettera doveva cospargere il messaggio di cenere per leggerne il contenuto. L'inchiostro veniva tenuto all' interno di contenitori (atramentarium) di varie forme, di solito cilindriche. Per scrivere si utilizzavano, cannucce appuntite (calamus) oppure penne d' uccello (penna). Per i brevi appunti venivano utilizzate delle tavolette con bordi rialzati, spalmate di cera (cerae) di solito colorata di scuro; la cera veniva spalmata su entrambe le parti della tavoletta e quest' ultima veniva legata con altre per mezzo di una cordicella che passava all'interno di alcuni fori praticati lateralmente, in modo da avere l' aspetto di un libro; l' insieme di più tavolette veniva chiamato caudex o codex. Per mezzo di un piccolo cannello sottile, terminante con una punta (stilus o graphium), si incidevano le lettere sulla cera; all' estremità opposta si trovava una piccola spatola che serviva cancellare la scrittura spandendo di nuovo la cera sul solco prodotto dallo stilo (stilum vertere).
Le punizioni facevano parte del programma educativo, infatti, a volte l'unico modo per attirare l'attenzione dell'alunno e costringerlo allo studio, era spesso quello di ricorrere alle percosse. Lo strumento più utilizzato dai maestri per le punizioni era la ferula, una canna provvista di nodi di legno. Per infliggere punizioni più gravi si utilizzava la scutica, una frusta fatta di strisce di cuoio o staffile, ed ancora la virga, uno scudicio anche questo formato da un fascio di strisce di cuoio. Lo scolaro veniva appoggiato sulle spalle di un compagno, mentre un altro ne teneva ben ferme le gambe, e quindi veniva frustato. La pena oltre che dolorosa era anche umiliante, in quanto il ragazzo oltre a essere percosso veniva prima denudato davanti a tutti i presenti .